402 d.C. – L’assedio di Bologna: la città che resistette ad Alarico
Nel 402 d.C., l’Impero Romano d’Occidente si trovava in una delle fasi più drammatiche del suo declino. L’unità imperiale era minacciata non solo da conflitti interni e usurpatori, ma anche da incursioni barbariche sempre più violente. Tra le più devastanti vi fu quella dei Visigoti, guidati da un capo carismatico e ambizioso: Alarico I.
? Alarico e l’invasione dell’Italia
I Visigoti, originari delle regioni danubiane, erano stati in precedenza alleati (o foederati) di Roma, ma i rapporti si incrinarono rapidamente.
Nel 401 d.C., Alarico attraversò le Alpi orientali con il suo esercito e invase l’Italia settentrionale, dando inizio a una campagna militare che avrebbe scosso le fondamenta dell’Impero.
Dopo aver affrontato e sconfitto l’esercito romano nella battaglia di Pollenzo, Alarico puntò su Milano, capitale imperiale. L’imperatore Onorio fu costretto a fuggire e a rifugiarsi a Ravenna, città più sicura grazie alle sue paludi difensive.
⚔️ L’assedio di Bologna
Proseguendo la sua marcia verso sud, Alarico si diresse verso la via Emilia, strada vitale per il controllo della penisola. Bologna, importante centro commerciale e militare, divenne così un obiettivo strategico.
Secondo lo storico Zosimo, Alarico mirava a punire le città che si erano opposte all’imposizione dell’usurpatore Prisco Attalo, sostenuto da alcune fazioni senatoriali romane.
Mentre molte città dell’Emilia aprirono le porte senza combattere, Bologna si distinse per la sua resistenza armata. L’assedio durò diversi giorni, ma la tenacia dei difensori e la solidità delle mura costrinsero i Visigoti a ritirarsi verso la Liguria, lasciando la città intatta.
? La Cerchia di Selenite: il baluardo della città
La difesa di Bologna fu possibile grazie a una struttura urbanistica imponente: la Cerchia di Selenite, una cinta muraria costruita in blocchi di gesso (selenite), materiale facilmente reperibile dalle vicine colline bolognesi.
Le mura, alte circa 7-8 metri e spesse oltre 2 metri, racchiudevano un’area di circa 20 ettari, corrispondente al nucleo abitato dell’epoca.
La pianta era quadrangolare allungata, e le quattro porte principali – Porta Ravegnana, Porta di San Procolo, Porta Stiera e Porta San Cassiano – regolavano l’accesso alla città.
La solidità e l’ingegnosità di questa fortificazione costituirono un elemento determinante per la salvezza della città.
? Un simbolo di resistenza in un impero in crisi
La resistenza di Bologna fu un evento raro in un contesto generale di cedimenti.
Molte città italiane, esauste da decenni di pressioni militari e instabilità politica, non opposero resistenza agli invasori.
Bologna, invece, offrì un esempio di determinazione collettiva e difesa civica, diventando simbolo di speranza per un impero in declino.
La città evitò distruzioni e saccheggi, mantenendo intatte le sue infrastrutture, la sua popolazione e il suo ruolo nella rete urbana romana.
Per Roma, fu una delle poche notizie positive in un’epoca segnata da sconfitte e arretramenti.
? Le fonti e il valore della memoria
L’episodio dell’assedio è testimoniato dallo storico bizantino Zosimo, una delle poche fonti che descrivono gli eventi dell’epoca con un certo dettaglio.
Il nome stesso della Cerchia di Selenite è rimasto nella memoria storica e urbanistica della città, ed è considerato uno dei primi esempi di fortificazione urbana tardoantica efficacemente funzionale.
Conclusione
L’assedio del 402 d.C. rappresenta una pagina significativa della storia di Bologna.
In un’epoca in cui l’Impero Romano stava perdendo progressivamente il controllo del suo territorio, una città di medie dimensioni riuscì a respingere uno degli eserciti più temuti dell’epoca.
Grazie alla Cerchia di Selenite e alla coesione della sua comunità, Bologna conservò intatta la propria identità urbana, preparandosi a diventare, nei secoli successivi, uno dei principali centri del medioevo italiano.
Una lezione antica che ci ricorda come la solidità delle mura possa difendere una città, ma la forza del popolo ne assicura il futuro.